Dal 21 Novembre al 4 Dicembre 2022 partirà la campagna di sensibilizzazione “DONNE +DONNE AI MARGINI DELLA PREVENZIONE, Siamo tutte legate dallo stesso nastro” dell’Associazione Culturale DONNE+ DONNE di Sassari, associazione attiva da anni nella informazione attraverso immagini fotografiche per la sensibilizzazione alla prevenzione del tumore al seno e della salute delle donne, in collaborazione con la nostra Associazione Anffas Onlus Sardegna.
L’Anffas, presente da oltre 60 anni in Sardegna, si occupa della promozione dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie nonché della promozione dei principi di pari opportunità e non discriminazione, contribuendo a costruire una cultura basata sul rispetto della dignità di ogni persona. In particolare, opera per garantire a tutti i cittadini con disabilità intellettiva e del neurosviluppo il diritto all’autodeterminazione, all’autorealizzazione, alla partecipazione e piena inclusione nella società, assicurando loro “centralità” e “protagonismo”.
La campagna DONNE+ DONNE AI MARGINI DELLA PREVENZIONE,”, attraverso l’affissione di appositi manifesti nelle strade cittadine, mira a richiamare l’attenzione sull’esigenza di assicurare percorsi di prevenzione della salute e cura per tutte le donne, assicurando anche alle donne con disabilità il pieno diritto alla salute e alla prevenzione. Le donne con disabilità dell’Anffas insieme ai referenti dell’Associazione DONNE+ DONNE compaiono nella foto del manifesto pubblicitario della campagna, con il messaggio “Siamo tutte legate dallo stesso nastro, Per donne speciali chiediamo speciali percorsi di prevenzione e cura”.
Infatti, con riferimento al diritto alla salute, le ricerche sul campo pongono in evidenza che tale diritto per le donne con disabilità è costantemente minato da barriere o ostacoli riconducibili a diversi profili: luoghi ed attrezzature inaccessibili, personale non preparato a comunicare con la persona con difficoltà cognitive o comportamentali, organizzazione dei tempi di attesa troppo lunghi prima della visita (pensiamo ad una donna con spettro autistico e all’incapacità di stare ferma in un luogo sconosciuto).
Tale tematica è stata oggetto di studio nell’ambito del Convegno “DONNE+ DONNE, ai margini della prevenzione”, tenuto a Sassari il 2 Aprile 2022, organizzato dell’Associazione Culturale DONNE DONNE, al quale l’Anffas Onlus Sardegna ha contribuito ai lavori attraverso un’indagine che ha riguardato le donne con disabilità che afferiscono all’Anffas. Il Convegno ha aperto la strada alla campagna di sensibilizzazione in atto in questi giorni, tesa a richiamare l’attenzione sulla problematica.
Relativamente alle criticità che caratterizzano il diritto alla salute delle donne con disabilità, le stesse sono state affrontate, in epoca pre-pandemia, anche dal Parlamento Europeo. La Risoluzione del 29 novembre 2018 segnala che “il 13% delle donne con disabilità lamentano di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, mentre nel caso delle donne senza disabilità tale percentuale è pari al 5%. La stessa risoluzione segnala che i tassi di tumore al seno per le donne disabili sono molto più elevati di quelli della popolazione femminile in generale, a causa della mancanza di apparecchiature di screening e diagnosi adeguate e della mancanza di campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni in formati accessibili alle donne con disabilità sulla prevenzione e la cura delle patologie femminili”.
In Italia abbiamo dei dati non troppo recenti sul fenomeno, ma dal rapporto OsservaSalute 2015 dell’Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane, emerge che si sottopone al Pap Test il 67,5% di popolazione femminile e solo il 52,3% di donne con disabilità. Quanto alla mammografia, le percentuali sono rispettivamente 75% contro 58,5%.
Su questi dati incide sicuramente l’organizzazione dei servizi sanitari e la loro accessibilità che, secondo un approccio sistemico, non è intesa esclusivamente come problema di carattere architettonico, ma come condizione necessaria a rendere gli ambienti e i servizi in questione all’interno di un sistema complesso coordinato, funzionante e capace di renderli fruibili e utilizzabili da tutti prevedendo, ad esempio, strumenti diagnostici accessibili anche alle donne con disabilità e servizi di assistenza personale.
Se pensiamo alle donne con disabilità di tipo cognitivo e relazionale è necessario che il personale sanitario sappia relazionarsi alla persona con specifici accorgimenti (ad esempio utilizzando un linguaggio semplice o immagini); se la persona ha una paraplegia o una tetraplegia dovrebbe usufruire di un lettino regolabile in altezza o di un mammografo in grado di scendere verso il basso sino al livello della sedia a rotelle; se è affetta da cecità o ipovisione è necessario fornire eventuali istruzioni sull’uso dei farmaci prescritti su supporti ed in formati utilizzabili in modo autonomo anche da chi ha problemi visivi etc.
Parlando di accessibilità e di diritto alla salute è importante, quindi, porre l’attenzione sia sull’ambiente che sull’interazione e la relazione tra pazienti e personale sanitario con una visione che permetta l’effettiva partecipazione delle persone.
Si apre così il tema della formazione dei medici in tema di disabilità. Poter contare su operatori preparati nella comunicazione con le disabilità sensoriali o cognitive, evitando l’improvvisazione o la buona volontà dei singoli, è requisito imprescindibile per l’erogazione di servizi sanitari di qualità capaci di far sentire le persone accolte e benaccette.
Oltre l’organizzazione dei servizi dobbiamo, poi, analizzare anche un altro elemento importante che incide sul fenomeno e che ha a che fare con aspetti più culturali e con l’immagine che noi abbiamo delle persone con disabilità. In una società in cui è prevalente l’immagine dell’eterno bambino il pensiero della prevenzione della salute in quanto DONNE non è impressa nella testa neppure dei familiari. Le ragazze non fanno le visite ginecologiche, non fanno la prevenzione per il tumore al seno. Riconoscere questi bisogni significherebbe attribuire, ai propri familiari, un corpo di donna con tutto quello che ne consegue in termini di diritto all’affettività, sessualità etc.
Nell’opinione comune ancora oggi la donna con disabilità ha un corpo asessuato e privo di femminilità; non sono viste né come uomini né come donne, ma solo come bambine/ragazze, per tutta la vita.
A tal proposito, come detto precedentemente, come Anffas Sardegna abbiamo voluto fare una indagine (attraverso questionario), che abbiamo presentato al Convegno, coinvolgendo un campione di 71 donne di età compresa tra i 20 e i 65 anni che afferiscono ai nostri servizi, che risiedono nella città metropolitana di Cagliari e nella provincia del Sud Sardegna.
L’obiettivo è stato quello di fare una indagine sul tema della prevenzione dei tumori femminili e sull’accesso ad alcuni servizi specifici, trovando riscontro anche nel nostro piccolo delle criticità oggetto di analisi nel Convegno (Qui puoi consultare i risultati della ricerca).
Anche dalla nostra indagine interna emergono, infatti, difficoltà nell’accesso ai programmi di prevenzione e nel garantire in maniera puntuale e sistematica le opportune attività di screening e cura. Emerge con evidenza la necessità di rendere effettivamente fruibile ad ogni individuo “il diritto a programmi diagnostici o terapeutici quanto più possibile adatti alle sue personali esigenze” e come questa necessità sia ancora più stringente per le persone con disabilità.
La campagna “DONNE+DONNE AI MARGINI DELLA PREVENZIONE, Siamo tutte legate dallo stesso nastro” rientra tra gli interventi atti a garantire tale diritto, ponendo in atto adeguate misure di sensibilizzazione sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità all’interno delle loro famiglie, nelle scuole, nei servizi per la riabilitazione, tra i professionisti del settore medico, nonché tra le persone che lavorano nel sistema educativo, sociale e socio-sanitario.
La campagna di sensibilizzazione intende individuare le strategie per combattere e superare le discriminazioni esistenti, ed elaborare politiche ed azioni appropriate che conducano ad una “presa in carico” adeguata sul tema, insieme ai rappresentanti della società civile, delle istituzioni, in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro organizzazioni rappresentative, per far sì che si crei Rete.